“L’arte non è ciò che vedi, ma ciò che fai vedere agli altri”
Edgard Degas
Comunicare è un’arte. E riguarda qualunque mezzo e contesto.
Comunichiamo attraverso i sensi, e comunichiamo perfino con i silenzi.
Ma cosa vuol dire esattamente “comunicazione”? La comunicazione riguarda tutto ciò che ci circonda e che riceviamo – e registriamo - attraverso i sensi. La nostra vita quotidiana è fatta di comunicazione, in ogni istante.
La nostra mente non è solo logica, e razionale. La nostra mente è poetica. E quella poesia non potrà mai essere vissuta, sperimentata, da un robot. Ed è questa mente poetica a dare vita alla comunicazione più bella, perfino nei settori più tecnici e specialistici.
In un mondo a volte troppo logico, “tecnico”, la capacità di avere una visione, un sogno, è sempre più rara. “La logica ti porta da A a B, l’immaginazione ti porta ovunque”, diceva Einstein. Perché le scoperte che hanno rivoluzionato per sempre il mondo della fisica sono nate da un genio che era a contatto con la sua intuizione più profonda. Ed è attraverso l’immaginazione che nasce la comunicazione più bella, in qualunque contesto e campo di applicazione. Per questo la capacità analogica, l’uso della metafora, del sogno, sono elementi preziosi. Oggi siamo invasi da immagini e informazioni, tuttavia la qualità non si accompagna necessariamente alla quantità. Anzi, in un certo senso c’è un peggioramento creativo, forse perché stiamo imparando a delegare sempre di più ai computer, agli smart phone, e ora perfino all’intelligenza artificiale che si sta impossessando (siamo noi a permetterlo) di aree sempre più vaste del nostro fare ( e del nostro pensare!). Noi siamo invece orgogliosamente, tenacemente AI Free perché crediamo nell’uomo, malgrado i tempi bui, e nella sua capacità di creare. Vogliamo rimanere umani, meravigliosamente, imperfettamente umani.
Dunque la comunicazione nasce da una visione, da un’ispirazione. Lo sapevano bene gli arborigeni australiani, che hanno dato vita al mondo cantandolo, nominandolo, come racconta Bruce Chatwin nel suo bellissimo Le vie Canti.
Ed è proprio questa la base della comunicazione: un’idea, un parto, un battesimo.
Comunichiamo sempre, fin da bambini. Lo facciamo con le parole, con la mimica, con gli abiti, con i viaggi, con le case che abitiamo, con le scelte affettive e con quelle professionali. Insomma, viviamo comunicando, e comunicando viviamo.
Senza comunicazione non c’è vita. Perfino gli alberi tessono una fitta rete di comunicazione attraverso le loro radici, e in un bosco comunicano in continuazione, segnalando pericoli alla vegetazione della comunità di cui fanno parte. Incredibile, vero?
Plant Revolution, il bellissimo libro dello scienziato Stefano Mancuso, ci racconta proprio della incredibile rete di comunicazione delle piante. Un sistema di rete evoluto, sofisticato, dal quale potremmo imparare molto in termini di armonia, connessione e partecipazione.
E siamo giunti a due parole chiave: “sistema” e “rete”. Siamo tutti interconnessi, e così accade anche per ciò che comunichiamo, ma la tecnologia e il suo abuso hanno invece generato molte solitudini. L’ansia di comunicare tutto sui social ha generato una versione narcisista della società in cui si comunica tutto, e tanto, in modo banale, superficiale. E ossessivo. I video di Instagram, per esempio, seguono modelli tutti uguali, con gli aspiranti influencer che fanno le stesso mossette e il montaggio della loro voce eseguito sempre nello stesso, identico modo, con una frase che termina ingoiata dall’altra e quella voce un po’ metallica, rapida. E la creatività? Idem per le foto. Tutte uguali.
La comunicazione emorragica dei social ha impoverito sia il talento che la creatività.
Ecco perché ci piace definirci “artigiani delle parole” ( e non solo delle parole).
Artigiano.
Arte.
Quando si decide di fare della comunicazione un mestiere bisogna avere molta consapevolezza dell’importanza di un processo creativo, e non solo tecnico.
Comunicare vuol dire raccontare, e ogni racconto è diverso. La comunicazione intesa come professione è una faccenda seria, molto più seria di qualche video su Instagram.
I social hanno un potenziale enorme a patto che usiamo, anche in quel contesto, la nostra creatività, cercando percorsi inediti, altrimenti si rischia la moltiplicazione di una stessa comunicazione (come accade, purtroppo).
Che cosa fa la creatività? Cerca strade nuove, usando l’ispirazione e, come abbiamo detto, l’immaginazione.
Dunque la nostra parola d’ordine è: creatività.
Siamo legati – quasi ossessivamente – alla filosofia del viaggio.
Che non è non solo geografico ma diventa metafora di un modo di essere, e di comunicare.
Dunque un viaggio anche nella comunicazione, declinato ogni volta in modo diverso.
Radio:
La Turchia di Erdogan, intervista a Francesca Pacini - 2014
https://www.radiondadurto.org/2014/03/14/turchia-erdogan-tra-piazze-insorgenti-tangentopoli-ed-amministrative/
Televisione:
Rai 1 Francesca Pacini presenta La mia Istanbul
https://www.youtube.com/watch?v=qp6FdcpIHnI&t=2s
Tv 2000, Francesca Pacini intervistata da Saverio Simonelli – 2013
https://www.youtube.com/watch?v=XjBY8b6ULmw
Web:
Intervista a Francesca Pacini, finalista al premio Donnaèweb con la rivista online Silmarillon, 2007
https://www.youtube.com/watch?v=dQjpcezRn5o
Quando entriamo, però, nella sfera professionale, ecco allora che la comunicazione riguarda un’azienda, un ente, un’istituzione. Di fatto, però, anche qui continua l’esperienza multisensoriale con cui conosciamo la realtà che ci circonda. I colori, le immagini, le parole scritte e quelle parlate…tutto comunica. E deve farlo bene. In un mondo assediato dalle comunicazioni, distinguersi per lo stile e l’efficacia è fondamentale.
Per farlo usiamo volentieri le suggestioni tipiche dell’arte della narrazione per raccontare il marchio, il team, i prodotti, la filosofia, gli eventuali impegni sociali, culturali, ecc.
Comunicare un’azienda, oggi, richiede spesso una scrittura agile, sobria, leggera (ma non banale) e soprattutto versatile, capace di spaziare dalla carta al web, dai social ai canali multimediali.
Progettare contenuti e declinarli sui vari mezzi di comunicazione, facendo la differenza, è una sfida sempre più impegnativa, in un mondo appiattito da un’omologazione espressiva che denuncia la carenza dell’intento creativo abbinato alla scrittura e alla comunicazione.
La forza dell’immagine deve sostenere i testi, e viceversa, generando un matrimonio perfetto. L’impatto delle fotografie riduce la necessità di scritture troppo approfondite, di periodi e concetti troppo estesi. Ma questo “modus comunicandi” non deve compromettere lo spessore, il contenuto.
Ẻ sempre bello, inoltre, dar vita a comunicazioni innovative che spezzano la tradizione, rompendo gli schemi abituali.
Insomma, il concetto della mucca viola nella comunicazione, specialmente nell'Art Direction & Copywriting.
“I mercati sono conversazioni”, recita il famoso Cluetrain manifesto che nel 1999 con le sue novantacinque tesi suggerisce i nuovi orientamenti di un mercato che deve rispondere all’impatto di internet e alle conseguenti trasformazioni che stanno modellando la nostra realtà.
Sono passati molti anni eppure le tesi principali, tutte confermate, sono ancora valide.
Ecco allora che le “conversazioni” informano e modellano ogni messaggio, ogni comunicazione. Anche quelle più istituzionali, appunto.
E tuttavia non bisogna cedere al disimpegno verso l’approfondimento, verso i contenuti più elaborati, più articolati. La capacità di scegliere tra una comunicazione ricca di dettagli e una comunicazione più breve, sintetica dipende, ogni volta, da chi siamo e da cosa vogliamo comunicare.
Ricordandoci sempre di unire il rigore alla creatività.