Giornalismo, dalla carta al web
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.
Pier Paolo Pasolini
Quello del giornalista è un mestiere difficile. Ma è un’avventura bellissima. Purtroppo in Italia il giornalismo indipendente trova pochi spazi, le testate sono troppo inquinate dai rapporti degli editori con imprenditori e gruppi politici.
Assistiamo, purtroppo, al livellamento del pensiero critico che tiene conto della complessità del reale, a favore invece di quel pensiero unico che, negli ultimi anni, ha influenzato i media in misure e proporzioni mai viste prima.
Se a questo si associa la carenza di lettori forti in Italia e il problema dell’analfabetismo funzionale, allora la faccenda si complica ulteriormente.
Questo non significa che non esista il buon giornalismo, o che non si possa fare questo mestiere con dignità e responsabilità.
Le grandi scuole del giornalismo anglosassone sono sempre un faro, un orientamento: il giornalismo d’inchiesta, la ricerca di fonti attendibili e libere da pressioni per orientare il pensiero, la volontà di andare oltre i social che sono diventati una facile risorsa che però sottrae spazio allo scavo individuale, rimangono “imperativi categorici” per chi crede ancora nel buon giornalismo.
L’immenso, profetico Pasolini già vedeva i vizi degli “intellettuali da salotto” e di un giornalismo tiepido. Bisogna invece sporcarsi le mani come sosteneva lui.
Per questo abbiamo sempre scelto il giornalismo indipendente, anche se più faticoso.
E privilegiamo le suggestioni del giornalismo narrativo. Cos’è il giornalismo narrativo ?
Ẻ il giornalismo che racconta fatti veri usando però il respiro della narrazione. Viene infatti chiamato anche giornalismo letterario.
In Italia è un genere poco frequentato, purtroppo. Ci ha sempre ricordato, per certi versi, il “realismo magico” di una certa narrativa sudamericana. Non a caso Gabriel Garçia Màrquez nei suoi Taccuini è un fulgido esempio di questo tipo di giornalismo.
Essere giornalisti oggi in Italia non è facile, ma è possibile. Inoltre le qualità del giornalista sono molto utili anche alle aziende, infatti la figura del brand journalist (link a brand journalism) è molto richiesta.
Essere giornalisti vuol dire avere la voglia di non accontentarsi, di scavare sempre per cercare la verità dei fatti, e di mantenere la mente aperta, con un atteggiamento curioso verso la vita. Significa non accontentarsi mai delle spiegazioni superficiali. E significa viaggiare, viaggiare molto, attraversando storie e geografie. Il giornalista è sempre in viaggio, perché il viaggio è metafora del cammino continuo, della tensione verso una ricerca che cambia forma e volto ogni volta.
“Io vedo orizzonti dove tu disegni confini”, scriveva Frida Khalo. Ecco, il buon giornalista deve fare proprio così.
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